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Le promesse di Dio


Geremia 31: 1-18

1 «In quel tempo», dice il SIGNORE, «io sarò il Dio di tutte le famiglie d'Israele, ed esse saranno il mio popolo».
2 Così parla il SIGNORE: «Il popolo scampato dalla spada ha trovato grazia nel deserto;
io sto per dar riposo a Israele».
3 Da tempi lontani il SIGNORE mi è apparso.

«Sì, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà.
4 Io ti ricostruirò, e tu sarai ricostruita, vergine d'Israele!
Tu sarai di nuovo adorna dei tuoi tamburelli,

e uscirai in mezzo alle danze di quelli che gioiscono.
5 Pianterai ancora delle vigne sui monti di Samaria;
i piantatori pianteranno e raccoglieranno il frutto.
6 Infatti verrà il giorno in cui le guardie grideranno sul monte di Efraim:
"Alzatevi, saliamo a Sion, al SIGNORE, nostro Dio"».
7 Infatti così parla il SIGNORE:
«Innalzate canti di gioia per Giacobbe, prorompete in grida, per il capo delle nazioni;
fate udire le vostre lodi, e dite: "SIGNORE, salva il tuo popolo, il residuo d'Israele!"
8 Ecco, io li riconduco dal paese del settentrione, e li raccolgo dalle estremità della terra;
tra di loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e quella in doglie di parto:
una gran moltitudine, che ritorna qua.
9 Vengono piangenti e imploranti; li guido, li conduco ai torrenti,
per una via diritta dove non inciamperanno;
perché sono diventato un padre per Israele, ed Efraim è il mio primogenito.
10 Voi nazioni, ascoltate la parola del SIGNORE, e proclamatela alle isole lontane; dite:

"Colui che ha disperso Israele lo raccoglie, lo custodisce come fa il pastore con il suo gregge".
11 Infatti il SIGNORE ha riscattato Giacobbe, l'ha salvato dalla mano d'uno più forte di lui.
12 Quelli verranno e canteranno di gioia sulle alture di Sion, affluiranno verso i beni del SIGNORE: al frumento, al vino, all'olio, al frutto delle greggi e degli armenti;
essi saranno come un giardino annaffiato, non continueranno più a languire.
13 Allora la giovane si rallegrerà nella danza, i giovani gioiranno insieme ai vecchi;
io muterò il loro lutto in gioia, li consolerò,li rallegrerò liberandoli del loro dolore.
14 Sazierò di grasso i sacerdoti e il mio popolo sarà saziato dei miei beni», dice il SIGNORE.

15 Così parla il SIGNORE: «Si è udita una voce a Rama, un lamento, un pianto amaro;
Rachele piange i suoi figli; lei rifiuta di essere consolata dei suoi figli, perché non sono più».
16 Così parla il SIGNORE: «Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versare lacrime;
poiché l'opera tua sarà ricompensata», dice il SIGNORE;
«essi ritorneranno dal paese del nemico; 17 c'è speranza per il tuo avvenire»,

dice il SIGNORE;  «i tuoi figli ritorneranno entro le loro frontiere.
18 Io odo, odo Efraim che si rammarica: "Tu mi hai punito, come un vitello non domato;
convertimi, e io mi convertirò, poiché tu sei il SIGNORE, il mio Dio”.

Romani 5,1-6

1 Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, 2 mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l'accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio; 3 non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni, sapendo che l'afflizione produce pazienza, 4 la pazienza esperienza, e l'esperienza speranza. 5 Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato.
6 Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. 

 

 

Il compito principale del libro di Geremia è quello di parlare a Israele in esilio. Il profeta ha ricevuto un duplice compito (1,10), quello di “sradicare e demolire, di costruire e di piantare”. Il giudizio e la promessa si alternano. La forza della potenza che opprime e deporta, però, non si rivela più forte di quella del Dio del patto.
Benchè nell’esilio Israele senta la disperazione della fine della propria storia, questo non accade. Una parte consistente del popolo è comunque rimasta nel paese devastato di Israele. D’altra parte gli esuli in Babilonia si costituiscono presto come il resto fedele del popolo, e da loro partirà un forte rilancio della fede  in Dio, che porterà a ricostruire il paese.
Geremia è uno di quei profeti che aiutano a mantenere la fiducia nelle promesse e nel patto di fedeltà di Dio, proprio in una situazione in cui tutto sembra perduto. Geremia alimenta la speranza di Israele e, con la sua poesia, disegna orizzonti di pace.
Anzi, Dio stesso lo invita a scrivere un libro in cui inserire le promesse e le consolazioni. Promesse e consolazioni che così arrivano fino a noi, cariche di storia, di pianti e di sorrisi. Grazie alla voglia di comunicare di Geremia, al suo desiderio di scrivere quanto ha ricevuto da Dio, anche noi possiamo condividere la sua speranza. È con riconoscenza che pensiamo a questo profeta e a tutti gli altri che non hanno risparmiato le proprie forze per trasmettere alle generazioni future il filo tenace della fede.

In qualche modo però noi abbiamo perso il senso della promessa.
Il positivismo ci ha così segnati che vogliamo vedere subito i frutti di quanto promesso, che crediamo che ciò che è possibile sia solo incluso in quanto è disponibile allo sviluppo umano. La speranza diventa una possibilità umana e si inscrive nel progresso tecnologico che a volte va così veloce che non riusciamo a governarlo e lo sentiamo minaccioso sul nostro futuro. Ma c’è un altro vettore di velocità che si inserisce nel nostro orizzonte: è la promessa di Dio che, così come ce la presenta Geremia, sta al di fuori del controllo umano. Dio offre una promessa proprio là dove non si scorge prospettiva di sviluppo o via d’uscita. Il suo è un intervento contro speranza, la qualità della speranza di cui parla anche l’apostolo Paolo. La speranza non è una possibilità umana, ma implica la fiducia che Dio operi anche là dove non vediamo spiragli di cambiamento.

In questo annuncio di consolazione, in questa promessa, il profeta evoca due o tre immagini di questo sperare contro speranza.

1 .Un Dio che diventa padre, genitore, per un figlio che era abbandonato e disperso. È un’immagine di adozione che ci colpisce per la sua dolcezza.
Dio solleva un figlio abbandonato e disabile e fa di lui il suo figlio amato, chiamandolo primogenito, il destinatario di tutte le sue attenzioni.

2.La seconda immagine è quella di Rachele che piange per tutte le generazioni dei figli e delle figlie che muoiono di violenza, di fame, di indifferenza, nel corso della storia. Rachele viene evocata dal vangelo all’atto della strage degli innocenti di Erode, a cui il neonato Gesù sfugge per un soffio. Rachele continua a piangere per la strage di bambini e bambine che si pèrpetra ogni giorno.
Per lei, tutti sono figli, e almeno la loro memoria, il ricordarne i nomi, va coltivata. È il senso di appartenere a una comune umanità che questa sentinella della storia ci trasmette. Un senso espresso dal bisogno di elencare i nomi delle vittime di mafia, in Italia; di elencare i nomi di quanti sono passati per i campi di sterminio nazisti, nei musei della Shoà; di riconoscere i nomi e le tombe di quanti muoiono giorno dopo giorno nel Mediterraneo, alla ricerca di una speranza contro speranza.

Così si esprime una poetessa, Emily Dickinson, su questa attenzione che va posta all’altro anche nella morte e oltre la morte:
Provare lutto per la morte di chi
non abbiamo mai visto –
implica una parentela vitale
fra l’anima loro – e la nostra –
Per uno sconosciuto – gli sconosciuti non piangono”                                      

3. Altre immagini che Geremia ci propone sono quella del giardino irrigato da torrenti; quella di un cammino collettivo e gioioso in cui non siano lasciati indietro i disabili, le donne incinte e i vecchi; quella di una festa in cui si danzi, e i giovani e le giovani trovino la loro possibilità di esprimere la forza vitale che li riempie di speranza per un futuro rinnovato.

La promessa di Dio riguarda il mondo in cui viviamo. Risponde alle angosce del nostro tempo. Invita a superare ogni barriera che esclude, e a intraprendere un grande cammino collettivo mossi da una forza più grande della nostra.
Dice Geremia, ad un certo punto, in modo paradossale: v.11 Dio ha riscattato Giacobbe, l'ha salvato dalla mano d'uno più forte di lui.


Il popolo in esilio riteneva che la mano della potenza di aggressione fosse più forte di quella di Dio. Un potere più forte conduceva la storia, la mano di Dio sembrava allora troppo corta per salvare. Ecco che invece la presenza di Dio, della sua promessa, diventa incisiva e decisiva.
Non è un caso che nel corso della storia sempre siano i popoli più deboli e oppressi, o le categorie escluse e maltrattate dal pensiero dominante, quelle che si affidano alla promessa di Dio e le danno fiducia. Sono loro che continuano a ritenere credibile la promessa di Dio fatta all’Israele in esilio e che mantengono, anche per chi stenta ad affidarsi a essa, la sua realtà.
Perché la promessa diventa poi concreta, nella vicenda storica di Israele che torna dall’esilio e rifonda la sua realtà, dà forma a una società che vuole rifarsi ai principi della giustizia e dell’inclusione sociale. Diventa concreta in questo brano pochi versetti dopo, nel racconto del gesto di speranza di Geremia che compra un campo poco prima di essere deportato, per segnalare che ancora si pianterà su questa terra, che ancora vi si abiterà in pace.

Vengono in mente i contadini di Castelluccio di Norcia, che tra mille difficoltà hanno voluto seminare anche questa primavera le famose lenticchie sull’altopiano devastato dal terremoto.

Piantare, seminare, segni di un futuro che non può venir meno, di un attaccamento alla terra che va curata e non abbandonata, di un attaccamento alla speranza che offre risorse da spendere con le proprie forze.

Le promesse, per il popolo di Dio, non sono il frutto di progressi umani che spesso non portano che alla disperazione, alla desolazione, al conformismo.
Le promesse di Dio costituiscono una possibilità sempre nuova nella storia,
che parte da chi dalla storia è scartato, dal crocifisso, e trova pienezza e gioia in Dio.

 

Pastora Letizia Tomassone Predicazione 26 Marzo 2017 Chiesa Evangelica Valdese di Firenze


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Ultimo aggiornamento: 12 Giugno 2017
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze